Skip to content

L’appartamento, il traffico e un vecchio divano

11 years ago

732 words

L’appartamento, il traffico e un vecchio divano

di Vincenzo Selleri

 

Quando Marco si alzò quella mattina, non sapeva dove si trovasse. Non ricordava nulla della sera prima e aveva un terribile mal di testa. Si sedette sul divano polveroso e infilò le dita tra i capelli sudici.

Ho bisogno di fare una doccia – pensò Marco respirando l’odore pungente del proprio sudore.

Che bell’appartamento è questo – disse con un filo di voce, sperando forse che qualcun altro lo sentisse. Era solo? Non si sentivano rumori se non il monotono brontolio del traffico mattutino che supplicava di essere lasciato entrare dalla finestra.

No! - urlò Marco.

Qui si sta già stretti così! Tu rimani fuori! - Ma il traffico per dispetto si fece più forte, tanto da far tremare i vetri degli infissi.

Allora si alzò e andò dritto alla finestra più vicina. L’aprì e iniziò a protestare contro la prepotenza dimostrata.

I passanti si fermarono sul marciapiede e guardando in alto scossero la testa, forse compatendo quel povero matto.

Si mandarono a qual paese, il traffico e Marco, che tornò frustrato a sedere sul vecchio divano.

Un orologio scandiva il ritmo del suo respirare affannoso.

All’improvviso si sentì un miagolio, flebile ma reale. Marco si alzò e tendendo l’orecchio seguì a ritroso l’oilogaim fino ad una stanza che appariva essere una cucina. Precisamente: appariva, ma non necessariamente era. Un forno cuoce, non serve a tener chiusi gatti. Non trattavasi dunque di un forno, ma appariva tale. Il gatto saltò fuori e corse alla finestra, ché la porta di casa non ricordava o non sapeva dove fosse. Sbattè rovinosamente contro i vetri, cosa che fu interpretata dal traffico come volontà di Marco di dichiarare guerra. Partì una mitragliata di clacson e Marco cadde sulle ginocchia, ma non si arrese. Afferrò il gatto, aprì la finestra e lo gettò nel mezzo dell’incrocio dove due tir, tre Gran Ducato, una Seicento, una Multipla una manciata di mercenari tedeschi e un’ammiraglia giapponese preparavano i piani per l’assedio.

Tornò a sedere con le tempie che gli pulsavano di rabbia. Una nausea affumicata gli afferrò lo stomaco e glielo tirò su rivoltandoglielo nell’esofago. “Nausea da impotenza” dolorosamente dovette riconoscere.

Passò di nuovo le dita tra i capelli che gli parvero più unti che mai. Il traffico aveva iniziato il suo assedio e il trambusto aumentava e saliva verso l’appartamento. Marco decise di cercare nuovi mezzi per respingere l’offensiva. Con disperata determinazione tornò nella cucina. Gli stipi erano vuoti, del frigorifero non c’era traccia, un tavolo a tre gambe giaceva al centro della stanza abbandonato anche dalle sedie. Si recò nella stanza adiacente per scoprire solo un contenitore vuoto di blocchi di tufo e intonaco.  Qualcuno aveva disegnato un pene circonciso sulla parete destra ed una vagina sulla sinistra. Un’unione destinata a non consumarsi. Cercò il bagno. Era uno stanzino minuscolo, privo di finestre, piastrellato dal pavimento al soffitto con mattonelle verdi graffiate e scheggiate e incrostate di un colore che non compariva in nessun altro luogo della casa. In pratica era una doccia con dentro un water e un lavandino. Lo scolo era al centro della stanza. Ci urinò dentro.

Tornò a sedere sul divano mentre le sirene della polizia si facevano più forti.

Non aveva nulla con cui contrattaccare. Strisciò ansimando sul pavimento tirandosi sui gomiti. Si alzò e cautamente sbirciò fuori. Qualcuno puntava il dito alla finestra, altri guardavano con orrore i resti del gatto. La signora che alla guida della Seicento lo aveva investito ancora piangeva sulla spalla di un vigile urbano.

Marcò si guardò intorno e solo allora si accorse che l’appartamento non aveva porte. Neanche quella d’ingresso. Non che avesse pensato di uscire …

Tornò a sedere sul divano e provò a ricordare cosa fosse stata la sua vita prima di quella mattina. Non serbava il minimo ricordo, neanche una traccia di una vita passata. Allora capì di non essere mai stato prima. Con uno sforzo di volontà decise di non essere più e lasciandosi cadere scomparve insieme al divano e il tavolo, la doccia il pene sul muro e l’appartamento tutto.

La polizia lo cercò, ma poi decise che il gatto era caduto dal tetto, anche perché in quel palazzo viveva solo una vecchia signora che Marco l’aveva appena sognato.

 

 

 

 

 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Skip to toolbar